Rifugio PORTAFRANCA
Continuiamo a farci del male! Un itinerario che unisce Pracchia a q. 610 a Maresca a q. 790, passando dal rifugio di Portafranca a q. 1580. Salita, salita e ancora salita. Soprattutto nel primo tratto è tanta, ripida, faticosa, e fa male.
Data: 1 Settembre 2021
Partenza: Dal paese di Pracchia,
che si raggiunge con la S.r. 66 e successivamente con la S.p. 632. E' servito dai
mezzi pubblici del COPIT, e dalla linea ferroviaria Porrettana, con cui ho
raggiunto il paese di partenza.
Note: Per i chilometri e per
i notevoli dislivelli, è adatto a persone allenate. I segni bianco rossi del
CAI sul sentiero 143 essendo vecchi, sono poco visibili. Inoltre, avendo
sbagliato sentiero ho dovuto oltrepassare tanti alberi caduti, con non poche difficoltà e percorrere tratti di sentiero con poca protezione, esposti. Sconsigliato a
chi ha scarso senso d’orientamento, vertigini e a chi è sprovvisto di traccia
GPS.
Fonti: Nel primo tratto, attraversando paesi e borghi abitati, si trovano molte
prese d’acqua, poi più niente fino a Portafranca. Essendo la salita lunga e
faticosa, consiglio di portarsi una buona scorta d’acqua.
Sentieri: CAI 143, CAI 101, CAI 5, CAI 35, CAI 20, CAI 3, CAI 1-3.
Itinerario: Da Pracchia al rifugio di Portafranca, il mio gps segnava poco più di 14
km. Ero consapevole che in mezzo ai 610 m. di partenza e ai 1580 m. di arrivo ci
fosse tanta salita. Ma, pronti via e rimani senza fiato, per due terzi della
salita il percorso sale ripidamente e non molla mai. A peggiorare le cose ci si
mettono anche le mosche, una infinità, e non danno tregua. Se e quando ti
fermi a riprendere fiato, vieni assalito, quindi riparti, non ci sono
alternative!
Parto dalla stazione di Pracchia e percorrendo la strada principale attraverso il paese, dove faccio rifornimento di acqua WP1 incontrando pochissime persone. Poche decine di metri oltre il confine regionale, quindi dalla Toscana all’ Emilia Romagna, in corrispondenza di una casa in stato di abbandono, comincia il sentiero. In breve, in ripida salita arrivo a Casa Sabocchi a q. 676, dove si può approvvigionarsi d’acqua WP2, un piccolo e grazioso borgo che attraverso fino a trovare la strada asfaltata che lascio poche decine di metri più in là, in corrispondenza di una curva a sinistra, oltre la quale c’è una fonte. Seguo sulla destra uno stretto sentiero in salita, alla fine del quale trovo la prima (delle tante) difficoltà: dopo aver guardato il gps per capire per dove proseguire (ho lasciato un ometto di sassi), un albero caduto mi sbarra il percorso. Con fatica aggiro l’ostacolo e proseguo in mezzo ad un bosco di castagni arrivando in piazza della Chiesa del grazioso e ridente paese di Vizzero. Costeggio la Chiesa e poco dopo mi fermo a riempire la borraccia alla fonte con un bel bozzo di acqua limpidissima WP3 a q. 799, continuo a destra, ovviamente in salita e seguo a sinistra in corrispondenza di un’altra fonte a q. 804 WP4. L’ultima, fino al rifugio di Portafranca non troveremo più acqua. In località Casa Mengaia, una bella costruzione immersa nel verde, ritrovo la sterrato, e oltrepassata una catena la ripida salita. Non sempre seguo il sentiero, a volte me lo invento, ritrovandolo più in là. A q. 1357 WP5, poco sotto la cima del monte Cocomero ho un dubbio, la traccia sul gps segue a dritto sulla parte ripida del pendio, dove non trovo traccia di segni bianco rossi, che invece vedo sbiadito sulla destra. Nonostante sul gps non sia riportata nessuna traccia a destra, decido di seguire quello che sembra un vero sentiero, convinto che aggirerà la cima, ritrovando la traccia poco dopo. E così sarà, con difficoltà a causa degli alberi caduti torno sulla traccia del CAI 143. Stesso problema poco dopo a q. 1415, la traccia va su dritta in ripida salita verso il passo del Termine, ma, nessun segno, nemmeno una piccola traccia di sentiero per terra che invece noto a sinistra e più marcata a destra, seguo quest’ultima, incoraggiato anche da un debole segno bianco rosso oltre alcuni alberi caduti sul sentiero. Confortato dal gps continuo con questo sentiero, nonostante le tantissime difficoltà derivate dai molti alberi caduti e, anche se per me non sono un problema, tratti di sentiero esposti. Evidentemente questo è un sentiero poco frequentato, per cui nessuno si è preso l’onere di renderlo fruibile. Finalmente torno sulla traccia giusta, proprio in un bel punto panoramico, e di buona lena, vista anche l’ora, arrivo al Rombiciaio a q. 1396, crocevia di sentieri. Lascio il CAI 143 che tanto mi ha fatto penare e seguo a sinistra con il CAI 101, il quale sempre in salita confluisce sul CAI 5 proveniente dall’Orsigna. Incoraggiato dai tempi più bassi rispetto alle tabelle nel percorrere questi ultimi pezzi di sentieri, ma soprattutto dalla vicinanza del rifugio mi sembra di volare. Oltrepasso posti a me molto familiari e con una piccola discesa arrivo davanti alle grigie pietre del rifugio di Portafranca, a q. 1580 WP6, uno dei posti del cuore, “mia casa”. Stanco e provato dalla dura e lunga salita mi siedo ad un tavolo, sono le tredici, guardando i dati del gps ripercorro mentalmente il percorso appena fatto. Tanta “roba”, tanta salita, tosta, a tratti dura. Penso che questo per oggi basterebbe, invece devo scendere a Maresca per riprendere il bus per tornare a casa. Finito il pranzo mi sdraio su una panca, mentre le ultime persone se ne vanno, adesso sono solo, silenzio assoluto, solo il rumore del vento tra le foglie degli alberi. Riposato e rinfrancato nello spirito riparto, supero a q. 1635 il passo della Nevaia, e lasciandomi alle spalle il familiare profilo dei monti che dal Gennaio arriva al Corno alle Scale e al Cupolino arrivo a prendere il CAI 20 in corrispondenza della fonte del Cacciatore a q. 1564 WP7. Mi fermo ad ammirare l’ennesimo panorama della piana pistoiese dalla terrazza del rifugio del Montanaro a q. 1567, ancora in piena fase di ristrutturazione, (non mi meraviglio conoscendo l’impresa che esegue i lavori). Allegramente e stancamente, ma con passo sicuro continuo a scendere, supero a destra il passo del Rombiciaio a q. 1362, la fonte a q. 1193 WP8 e la sbarra, oltre la quale continuo su asfalto. Noto con rammarico che in corrispondenza della sbarra non c’è più il cartellone che indicava il percorso Azzurro Pracchia Abetone, da me percorso alcuni anni fa. Costeggio dal basso il rifugio della Casetta dei Pulledrari, ormai chiuso da tanto tempo, lambisco il campeggio fino a ritrovare il sentiero. Con il quale supero il Capannone, un quasi rudere turistico, caduto in disuso da tanti anni, come tutto il comprensorio. Oltrepasso il vecchio vivaio della forestale, oggi tornato in vita grazie ad una cooperativa che produce piccoli frutti di bosco. Prima di arrivare al paese di Maresca supero due belle fonti, dalle quali sgorga fresca e abbondante acqua, che contribuisce ad alimentare tre bei laghetti dove un tempo vi era un allevamento di trote. Prima di ripartire mi concedo un regalo, penso di meritarlo, un bel gelato, buonissimo. Ultreya.
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