Ana aspetta
ogni mattina, felice, il ritorno dalla pesca del marito e dei tre
figli in un porticciolo andaluso. La guerra civile spezza quel sogno:
Ana si ritrova sola per tanti anni, in quella casa in riva al mare.
Chiusa nel dolore e nel rifiuto, diventa "Ana no". Un filo
di speranza la sostiene: rivedere l'unico figlio rimasto, prigioniero
a vita in un carcere nel nord della Spagna. A settant'anni, chiude
l'uscio di casa e parte a piedi con il pandolce che lei stessa ha
preparato per lui. Un viaggio d'amore e di morte, di scoperta e
d'iniziazione, sublimato dalla scarna scrittura di Gomez-Arcos.
Questo libro
è un piccolo capolavoro di una poesia disarmante, colpevolmente
ignorato. Pubblicato nel 1977 in Francia ed in Italia solo nel 2005.
Descrive la crescita di una donna di 70 anni che, camminando lungo i
freddi binari del treno, impara di sé, della vita e del mondo. Il
suo è infatti il viaggio dell'esilio interiore e della pura perdita.
Nel corso del tempo Ana perde la sua famiglia. Poi gli averi,
l'identità, il nome, la bellezza, le scarpe, gli abiti che a
malapena la coprivano. Tutto. E' un romanzo sulla pace degli
sconfitti, sul vuoto e la disperazione che la guerra imprime nella
sua vita che impercettibilmente continua a scorrere. Il suo no è una
risposta simbolica. Una risposta alla dittatura politica, morale e
sociale della Spagna franchista, ma anche molto di più. I
riferimenti storici sono così precisi e allo stesso tempo così
universali, che la guerra maledetta potrebbe essere qualsiasi guerra,
il regime potrebbe essere qualsiasi regime e la patria qualsiasi
patria.
Sicuramente un libro da leggere. Un romanzo molto intenso che pagina dopo pagina ci coinvolge facendoci riflettere, poichè, in uno specifico contesto, ciascuno di noi potrebbe essere Ana.
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