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Fregio Robbiano "Alloggiare i Pellegrini" - Ospedale del Ceppo di Pistoia

14 marzo 2018


 

Il Cammino Immortale

Il Cammino di Santiago raccontato da Jean-Christophe Rufin: "Alla fine il Pellegrino rimane nudo..."

"Quando sono partito per Santiago non cercavo niente, e l'ho trovato" (Jean-Cristophe Rufin). Il Cammino Immortale. La Strada per Santiago è un libro non solo per tutti gli appassionati del Cammino, per chi lo ha fatto o lo vorrebbe fare, ma anche per tutti coloro che amano le storie di viaggio.



Jean-Christophe Rufin è uno scrittore molto noto in Francia. La prima impressione è che Rufin sia un bravo scrittore, non solo per il fatto di saper usare le parole giuste, ma anche per il saper vedere quello che altri non vedono, o, ancora più spesso, il saper riflettere su quello che è sotto gli occhi di tutti, ma su cui non si è ancora riflettuto.
Esempio, dalle prime pagine del libro: “Andando verso Compostela, l’essenziale non è il punto di arrivo, comune a tutti, ma il punto di partenza. È quest’ultimo a fissare la sottile gerarchia che s’instaura fra i pellegrini. Quando due camminatori si incontrano non si domandano "Dove vai?" – la risposta è evidente – né "Chi sei" giacché sul cammino non si è altro che un povero Giacomeo. La domanda che formulano è "Da dove sei partito?" E la risposta permette immediatamente di sapere con chi si ha a che fare.
Chi fa solo gli ultimi 100 km del Cammino, spiega Rufin, è "un cacciatore di diplomi".
Chi è partito dai Pirenei e ha camminato più di 500 km, allora è visto con il rispetto dovuto. Rispetto che diventa venerazione per quei camminatori che sono partiti da casa loro, chi è in viaggio da quattro mesi, chi è malconcio ma mostra quel senso di appartenenza a un rango superiore della categoria.
Ottocento chilometri da Hendaye, all’estremo sudovest della Francia, fino alla maestosa Cattedrale di San Giacomo, questo il percorso di Jean-Christophe, lungo il Camino del Norte e il Camino Primitivo. Ma - man mano che Rufin vive il suo cammino - il punto di osservazione è sempre meno esterno, in una fase centrale l’autore-camminatore ha anche un periodo di forte ricerca spirituale, quando arriva a Oviedo.
Anche lui si accorge come il cammino sia un’altra cosa dal turismo che cerca il pittoresco“Poche decine di chilometri di asfalto ammorbidiscono quella carne ancora troppo dura: il pellegrino è lì per camminare, che gli piaccia o no, che sia soddisfatto o no dei paesaggi! Pipe-line in cemento e fabbriche, lottizzazioni deserte e corsie d’emergenza, rotatorie e periferie industriali sono necessarie per diventare un vero pellegrino, immune da ogni pretesa turistica. Sferzato dalle prove, il camminatore si sente dapprima un po’ suonato. Poi si conforma alla sua sorte. Comincia allora una nuova fase del Cammino: essa non richiede l’entusiasmo, ma l’abitudine e la disciplina.
Il pellegrino, alla fine, rimane nudo, si alleggerisce man mano di tanti orpelli superflui. Già da subito perde il bisogno dell’apparire. Poi si libera del peso dei sogni e dei pensieri. Rufin osserva se stesso, e racconta cosa gli cambia dentro man mano che procede sul Cammino. Fa alcune grandi scoperte, una su tutte: “Partendo per Santiago non cercavo niente e l’ho trovato”.
E' il libro per tutti quelli che amano il Cammino di Santiago, per tutti quelli che amano il nuovo modo di camminare, atto di ricerca dei valori del mondo, atto di riflessione sulla propria vita, per tutti quelli che vogliono praticare il "Cammino Profondo".
Dal cammino non si torna uguali a prima, qualunque cammino sia. 
Dal risguardo di copertina. Con oltre un milione di visitatori dal 2005 ad oggi, Santiago di Compostela è senza ombra di dubbio una delle mete di pellegrinaggio più gettonate dei nostri tempi: viandanti, mistici, coppiette in scarpe da ginnastica e turisti seduti sui sedili di comodi pullman. Ottocento chilometri da Hendaye, all'estremo sud-ovest della Francia, fino alla maestosa Cattedrale di San Giacomo. Tra dettagli concreti, riflessioni storiche e religiose e il desiderio di smascherare gli impostori degli ultimi chilometri, l'autore restituisce al Cammino per antonomasia la sua verità.
Si tratta di una verità fatta di organizzazione capillare ed esasperante improvvisazione; di fango, case sbilenche e meravigliose coste battute dalle onde; di pellegrini solitari ingabbiati in una lunga sequenza di mode e tic alla ricerca di se stessi.
È un percorso che può cominciare ovunque, e finire nella piazza dell'Obradoiro. Perché anche se la caratteristica del Cammino è far dimenticare in fretta le ragioni per cui si è partiti, la strada continua ad agire su chi l'ha percorsa.
Si mette in atto “un’alchimia dell'anima" che non necessita di spiegazioni, basta partire.

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